Leggendo l’articolo di Keith Stuart su The Guardian intitolato “I videogiochi non possono sfuggire al loro ruolo nella radicalizzazione dei giovani uomini”, ho riflettuto su un fenomeno che ho spesso osservato nei videogiochi online: la differenza tra chi gioca per puro divertimento e chi sembra più interessato a combattere battaglie ideologiche.

Nell’articolo, Stuart esplora come la cultura videoludica possa diventare un terreno fertile per l’espressione di mascolinità tossica e comportamenti ostili, come il sessismo e l’intolleranza. Sottolinea come, in molti casi, i videogiochi fungano da “campo di battaglia” culturale, dove si riflettono tensioni sociali più ampie, soprattutto in relazione ai ruoli di genere. Stuart cita anche la serie Netflix Adolescence, che racconta la storia di un tredicenne accusato dell’omicidio di una ragazza dopo essere stato radicalizzato dalla “manosfera” online, evidenziando la potenza della scrittura e l’interpretazione intensa del giovane attore Owen Cooper. Uno sguardo attento e insito per una serie tv che tocca temi molto forti forti che si instaurano in contesto molto attuale e non si si allontana dal tutto il mondo che gira attorno al gaming.

Divertimento o frustrazione? L’ambiente tossico fuori dai giochi

Personalmente, nei giochi online ho quasi sempre incontrato persone che volevano solo svagarsi e divertirsi, senza troppe complicazioni, mi sento molto fortunato a dirla tutta. Tuttavia, appena si esce dall’ambiente di gioco e si entra nei forum o nei social, il tono cambia radicalmente. È lì che si trovano individui che non sembrano nemmeno gamer, ma piuttosto persone in cerca di uno spazio dove sfogare le proprie frustrazioni, spesso attraverso atteggiamenti misogini o affermazioni esagerate della propria mascolinità. Un mondo strano, privo di quella competizione che puoi riscontrare in una semplice battaglia online o in una spensierata cavalcata nelle valli incantate di qualche MMORPG. Sembra invece che, quando ti metti a scorrere un po’ di commenti o post vari, quelle persone siano come un boss malvagio da sconfiggere, deciso a catapultarti a tutti i costi nella pesantezza della realtà, dalla quale tu, in quel momento, avevi scelto di allontanarti.

No! Non andare in quel mondo inventato e irreale, non svagarti discostandoti dai vivi per qualche oretta! Rientra qui, nella vita vera, dove tutto è sempre così complicato!

Ma perché? Mi chiedo.

Lo studio del 2017 e il comportamento tossico

Uno studio del 2017, intitolato “Measuring #GamerGate: A Tale of Hate, Sexism, and Bullying”, ha analizzato il fenomeno GamerGate raccogliendo oltre 1,6 milioni di tweet legati al movimento. I ricercatori hanno scoperto che i partecipanti più attivi nel dibattito tendevano a usare un linguaggio negativo, aggressivo e sessista. Ma il dato più interessante è che questi utenti risultavano molto più coinvolti nelle discussioni online che nei videogiochi stessi.

In sostanza, chi gridava alla “corruzione del gaming” e alla “censura del politically correct” passava più tempo a lamentarsene sui social che a giocare davvero.

Questo è esattamente il punto: la tossicità non nasce tanto nei videogiochi, ma negli spazi che li circondano. I veri gamer vogliono giocare. Chi invece vuole difendere un’idea di gaming come club esclusivo per uomini si concentra più sulla guerra culturale che sul divertimento.

GamerGate e l’influenza dell’alt-right

Un caso emblematico di questa dinamica è stato il GamerGate del 2014, che iniziò come una presunta protesta contro il giornalismo videoludico, ma si trasformò presto in un’ondata di molestie online contro donne sviluppatrici e giornaliste. Questo movimento non solo ha evidenziato la presenza di una minoranza tossica nel mondo videoludico, ma ha anche mostrato come alcuni ambienti online fossero pronti a sfruttare il gaming per fini ideologici.

Megan Condis, nel suo libro “Gaming Masculinity”, analizza come l’alt-right (alternative right, la destra alternativa americana) abbia usato il malcontento di alcuni gamer per reclutare nuovi membri. L’idea di fondo era semplice: convincere i giovani uomini che il femminismo e l’inclusività stavano distruggendo il loro spazio sicuro, spingendoli così verso ideologie più estremiste.

Attraverso meme, trolling e campagne di disinformazione, l’alt-right ha trasformato il gaming in un terreno fertile per diffondere idee sessiste e reazionarie.

Un problema più grande del gaming

Come sottolinea Stuart nel suo articolo, il problema esiste, ma non nasce nei videogiochi. Certo, i giochi hanno bisogno di moderazione, perché non mancano individui pronti a rovinare l’esperienza agli altri. Tuttavia, il sessismo, la mascolinità tossica e l’odio online sono il risultato di modelli culturali trasmessi nel tempo e che si stanno infiltrando nei giovani. Il gaming non ha creato questi problemi, li ha solo ereditati e, per un certo periodo, ha offerto uno spazio in cui alcuni hanno creduto di poterli coltivare indisturbati.

Fortunatamente, oggi le cose stanno cambiando. L’industria videoludica è molto più inclusiva rispetto al passato: la presenza femminile è in crescita e le rappresentazioni di diverse identità sono sempre più comuni. Il gaming si sta aprendo a nuove idee, nuovi giocatori e nuove storie, diventando un ambiente più ricco e variegato.

È fondamentale che il gaming non si lasci controllare e influenzare da queste community tossiche. I giovani hanno bisogno di un luogo in cui svagarsi e di mentori morali reali, che non permettano a nessuno di sentirsi inferiore, sbagliato o diverso.

Il gaming non è, e non deve essere, il rifugio di chi vuole combattere battaglie ideologiche. È un luogo di creatività, di sfida e di condivisione. I veri giocatori non si preoccupano di chi c’è dall’altra parte dello schermo, ma solo di divertirsi e migliorarsi.

Chi cerca di trasformare il gaming in un campo di guerra culturale sta perdendo la battaglia più importante: quella contro l’irrilevanza. Il futuro del gaming è aperto a tutti, e chi si aggrappa al passato non potrà far altro che restare indietro.

link articolo di Keith Stuart https://www.theguardian.com/games/2025/mar/24/video-games-cant-escape-their-role-in-the-radicalisation-of-young-men

Adolescence https://en.wikipedia.org/wiki/Adolescence_(TV_series)

Studio del 2017 https://dl.acm.org/doi/10.1145/3041021.3053890

libro di Condis https://uipress.uiowa.edu/books/gaming-masculinity